Si dice quadripolo un circuito a quattro morsetti, di cui due vengono usati per l'ingresso del segnale e due per l'uscita, come nel seguente schema:
Indichiamo con vi la tensione applicata in ingresso; con ii la corrente di ingresso; con vu la tensione di uscita; con iu la corrente di uscita.
Si dice guadagno di tensione il rapporto tra tensione di uscita e tensione di ingresso; il guadagno di tensione lo indichiamo col simbolo Av; la formula è la seguente:
Av = vu / vi
Il guadagno di tensione è un numero senza dimensioni, cioè senza unità di misura e ci indica di quanto una tensione viene amplificata; esempio Av = 100 vuol dire che la tensione di uscita è 100 volte più grande della tensione di ingresso.
Si dice guadagno di corrente il rapporto tra corrente di uscita e corrente di ingresso; il guadagno di corrente lo indichiamo col simbolo Ai; la formula è la seguente:
Ai = iu / ii
Il guadagno di corrente è un numero senza dimensioni, cioè senza unità di misura e ci indica di quanto una corrente viene amplificata.
Poiché in elettronica i circuiti vengono di solito applicati, come si dice, in cascata, cioè collegati in modo che l'uscita di un circuito sia collegata all'ingresso di un altro, occorre conoscere la resistenza di ingresso e di uscita dei quadripoli, con lo scopo di fare l'adattamento di impedenza.
Si dice resistenza di ingresso di un quadripolo il rapporto tra tensione di ingresso e corrente di ingresso; la resistenza di ingresso la indichiamo col simbolo Ri; la formula è la seguente:
Ri = vi / ii
La resistenza di ingresso si misura in W .
Si dice resistenza di uscita di un quadripolo il rapporto tra tensione di uscita e corrente di uscita; la resistenza di ingresso la indichiamo col simbolo Ru; la formula è la seguente:
Ru = vu / iu
La resistenza di uscita si misura in W .
Quando si collegano tra di loro due quadripoli, come nel seguente schema:
occorre fare in modo che la resistenza di uscita del primo quadripolo Ru1 sia uguale alla resistenza di ingresso del secondo quadripolo Ri2, in tal modo si ottiene il massimo trasferimento di potenza, cioè tutta la potenza disponibile sull'uscita del primo quadripolo la ritroviamo in ingresso sul secondo quadripolo.
Il transistor BJT è un componente che viene utilizzato come amplificatore. Si dice amplificatore di tensione un circuito che dà in uscita una tensione più grande di quella di ingresso. Si dice amplificatore di corrente un circuito che dà in uscita una corrente maggiore di quella di ingresso.
Il simbolo elettrico del transistor è il seguente:
Nello schema vediamo che il transistor ha tre morsetti; un morsetto di ingresso, detto base; un morsetto di uscita, detto collettore; un morsetto comune sia all'ingresso che all'uscita, detto emettitore.
Vi sono due tipi di transistor: transistor NPN, rappresentato nella schema a sinistra; e transistor PNP, rappresentato nello schema a destra, la freccia indica il percorso della corrente. NPN vuol dire che l'emettitore è drogato di tipo N, la base di tipo P, il collettore di tipo N. PNP vuol dire che l'emettitore è drogato di tipo P, la base di tipo N, il collettore di tipo P.
Nella seguente foto, possiamo vedere l'esterno di alcuni transistor:
Ai tre morsetti esterni corrispondono tre parti interne del BJT, cioè base, emettitore, collettore.
Consideriamo ora un transistor NPN e guardiamo il seguente schema:
La parte superiore, chiamata collettore, simbolo C, è drogata di tipo N, cioè possiede elettroni liberi. La parte centrale, detta base, simbolo B, è drogata di tipo P, cioè possiede lacune, che possiamo considerare come cariche elettriche positive, però la base è drogata più fortemente del collettore, infatti si ha un drograggio crescente dall'alto verso il basso; inoltre la dimensione della base è molto piccola, cioè la base è sottile. Ricordiamo che si dice zona di svuotamento di una giunzione PN la zona della giunzione PN in cui non sono presenti cariche libere, cioè non vi sono né elettroni né lacune, ma solo cariche fisse, che sono negative nella zona di tipo P e positive nella zona di Tipo N.
Ricordiamo, inoltre, che si dice profondità di diffusione di una giunzione la distanza alla quale tutti gli elettroni si sono ricombinati. Adesso vediamo come deve essere la dimensione della base; la base deve essere più piccola della profondità di diffusione, perché in questo modo siamo sicuri che un notevole numero di elettroni liberi, che partono dall'emettitore, non si ricombinino con le lacune presenti nella base , ma devono rimanere liberi nella base, in modo da poter essere attirati dalla tensione positiva applicata sul collettore. Però non la possiamo fare molto sottile, cioè la dobbiamo fare più grande della zona di svuotamento, altrimenti sparisce la giunzione PN.
In definitiva la larghezza della base, che sarebbe meglio dire, lo spessore della base, deve essere più grande della zona di svuotamento, e più piccola della profondità di diffusione.
Infine, nella parte inferiore, abbiamo l'emettitore, simbolo E, che è fortemente drogato di tipo N, e lo indichiamo con N-, per dire che è fortemente drogato di tipo N. Lo scopo è quello di consentire che un notevole numero di elettroni possano partire dall'emettitore.
Per capire il funzionamento del BJT vediamo il seguente schema elettrico:
Vediamo dallo schema che la tensione applicata dall'esterno tra collettore ed emettitore è maggiore della tensione tra base ed emettitore. Vediamo che la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente, e quindi gli elettroni, presenti in elevato numero nella zona N dell'emettitore vengono attirati verso la base dal polo positivo della batteria, cioè dalla tensione VBE. Di questi elettroni emessi dall'emettitore, non tutti si ricombinano con le lacune presenti nella base, infatti, la base l'abbiamo fatta più piccola della profondità di diffusione, per cui un notevole numero di elettroni viene attirato dal polo positivo della VCE, che è la tensione tra collettore e base. Si vede ora l'importanza che la tensione tra collettore e base sia più grande di quella tra base ed emettitore, in quanto essendo la potenza il prodotto tra tensione e corrente gli elettroni che arrivano sul collettore danno luogo ad una maggiore potenza rispetto alla potenza prelevata tra base ed emettitore. Chiariamo ora la simbologia.
Indichiamo con VBE la tensione presente tra base ed emettitore; indichiamo con VCE la tensione tra collettore ed emettitore, indichiamo con VCB la tensione tra collettore e base.
Indichiamo con IB la corrente che entra nella base, indichiamo con IC la corrente che entra nel collettore; indichiamo con IE la corrente che esce dall'emettitore. Se consideriamo il transistor come un grosso nodo:
applicando il principio di Kirchhoff delle correnti, abbiamo che la somma delle correnti entranti deve essere uguale alla somma delle correnti uscenti e quindi
IE = IB + IC
Polarizzare il BJT vuol dire fare in modo che su ogni morsetto del BJT arrivi la giusta tensione e circoli la giusta corrente. Per ottenere cioè si utilizzano un insieme di resistori come si vede nel seguente schema:
L'insieme di tutti i resistori che polarizzano il BJT si dice rete di polarizzazione.
Indichiamo con RC il resistore che si trova collegato sul collettore, con RE il resistore di emettitore; con R1 ed R2 i due resistori del partitore.
Cominciamo dal resistore RC, detto resistore di collettore; lo scopo di questo resistore è quello di dare la giusta tensione al collettore e unitamente al BJT e ad RE far circolare la giusta corrente di collettore IC. Se consideriamo la maglia di uscita, costituita da RC, il BJT ed RE, applicando il principio di Kirchhoff delle tensioni possiamo scrivere la seguente equazione:
VCC = RC IC + VCE + RE IE
Cioè tutta la tensione fornita dal generatore di tensione si suddivide nella somma delle tre cadute di tensione, quella ai capi di RC, cioè RC IC , quella tra collettore ed emettitore, cioè VCE , e quella ai capi di RE, cioè RE IE . Ora vediamo come il transistor si comporta da amplificatore. La tensione di uscita la preleviamo ai capi del collettore; tale tensione è sempre positiva, tuttavia può aumentare o diminuire a secondo della caduta di tensione ai capi di RC, cioè, maggiore è la caduta di tensione ai capi di RC, minore sarà la tensione di uscita Vu, prelevata tra collettore e massa; infatti Vu = VCC - RC IC; da tale formula vediamo che non possiamo togliere il resistore RC, altrimenti la Vu sarebbe sempre uguale a VCC, e non vi sarebbe amplificazione di tensione; in pratica RC assume il valore di alcuni kW ;
Per capire il funzionamento di RE occorre studiare anche la maglia di ingresso; infatti RE appartiene sia alla maglia di uscita che alla maglia di ingresso. La maglia di ingresso è quella che dà la giusta tensione sulla base del BJT e sfrutta il partitore di tensione, con i resistori R1 ed R2. Se il partitore fosse staccato dalla base, nel partitore circolerebbe la corrente IP = VCC/(R1 +R2), cioè la corrente del partitore; poiché però nella parte centrale del partitore è collegata la base, e la corrente di base IB è entrante nella base, tale corrente proviene dal partitore e quindi in R1 circola non solo la corrente del partitore IP ma anche la corrente di base IP. Se trascuriamo la corrente inversa di saturazione, cioè la ICBO, cioè la corrente che circola tra collettore e base, possiamo dire che in R1 circola solo la corrente del partitore IP. In realtà le maglie di ingresso sono tre. Una prima maglia è costituita dal generatore VCC, dal resistore R1 e dal resistore R2 ; l'equazione di tale maglia è:
VCC = R1 I1 + R2 I2
Dove I1 è la corrente di R1, e I2 è la corrente di R2. Inoltre I1 = IP + IB; invece I2 = IP.
La seconda maglia di ingresso è costituita dal generatore VCC, dalla tensione VBE tra base e collettore e da RE ; l'equazione di tale maglia è
VCC = R1 I1 + VBE + RE IE
Dove IE = IB + IC
Vi è infine una terza maglia senza generatori, costituita da R2, VBE ed RE; l'equazione è la seguente:
R2 I2 = VBE + RE IE
Da tale ultima equazione si vede come la tensione sulla base VBE è influenzata dalla tensione presente sui capi del resistore RE, cioè VE; infatti
VBE = R2 I2 - RE IE
Cioè all'aumentare della tensione di emettitore diminuisce la tensione sulla base e quindi anche la corrente di base IB; si dice che RE stabilizza il circuito, cioè RE fa in modo che qualora si dovesse verificare per cause esterne un aumento della corrente di base, con conseguente aumento di corrente di collettore, aumenta la caduta di tensione ai capi di RE, quindi diminuisce la VBE e quindi la IB; in definitiva RE stabilizza il circuito sia nei confronti delle variazioni di temperatura sia nei confronti della dispersione delle caratteristiche; infatti non tutti i transistore con la stessa sigla sono uguali; quindi si potrebbe verificare che alcuni transistor amplificano di più e altri di meno.